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                                Giovedì 25 aprile 2002

Priolo / Il furto rischia di compromettere la funzionalità della struttura
Faro di Magnisi, smantellati quattro pannelli fotovoltaici


Salvo Maccarrone

 

PENISOLA DI MAGNISI

Un gruppo di studenti mostra i pannelli montati sul faro di Magnisi

PRIOLO – Una sito archeologico di risonanza mondiale, ma senza alcun controllo, è facile preda di ladri e di tombaroli che agiscono a tutte le ore. Così, sono spariti quattro dei dieci pannelli a celle fotovoltaiche che caricano le batterie del Faro di Magnisi mentre ignoti tombaroli hanno “saggiato”, in più punti, il terreno della penisola alla ricerca di chissà quali nascosti tesori. Del furto, opera di ignoti, si è venuto a conoscenza nei giorni scorsi quando alcuni tecnici hanno raggiunto la zona di Magnisi per una manutenzione dei pannelli. Secondo i “lanternieri” tali pannelli solari sarebbero stati sottratti diverse settimane fa. Adesso, al fine di garantire il perfetto funzionamento del faro ed arginare ulteriori furti, la Marina Militare di Augusta avrebbe intenzione di realizzare un nuovo “elettrodotto”, utilizzando lo stesso percorso della precedente palificazione in cemento armato, che era stata dismessa e i cui pali, ancor oggi, giacciono abbandonati nell'area archeologica prossima al villaggio thapsiano del XV secolo avanti Cristo. Questo faro, indicato quale obiettivo militare, è posto ad est della Penisola di Magnisi su apposita costruzione elevata sugli scogli. “Allineato” con il faro di Augusta, serve a guidare la navigazione di notte o in condizioni di scarsa visibilità. La sorgente luminosa, intermittente, posta sulla cima del faro (la lanterna) è alimentata da pannelli a celle fotovoltaiche in cui la radiazione solare produce direttamente energia elettrica utilizzabile. L'illuminazione è intensificata da un sistema di lenti. Più recente invece è la notizia degli “scavi” archeologici abusivi effettuati da ignoti tombaroli in più punti della penisola di Magnisi. A monte di una graziosa tomba thapsiana “a dromos” (cioè con canaletta di scolo delle acque piovane) , la cui bocca di accesso si apre nella Necropoli del faro a pochi passi dai ruderi dell'ex comando della difesa costiera, ignoti tombaroli hanno scavato una profonda buca credendo di trovarvi sotto chissà quale ricco corredo funebre. Fortunatamnte i calcoli da loro fatti sono risultati errati poiché a trarli in inganno è stato un lungo canale di drenaggio delle acque piovane che loro credevano appartenesse a qualche sepolcro abilmente celato nel terreno. In realtà tale canale era stato scavato dalla Marina Militare durante l'ultimo conflitto mondiale per lo scolo delle acque provenienti da una postazione antiarea. Ma l'opera dei tombaroli, a giudicare da altre buche scavate di recente, prosegue senza soste.

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