«L’unica grande
industria di livello
europeo che parve
prodigiosamente trovare
in Sicilia il polo della
sua massima espansione,
fu infatti quella
petrolchimica. La
Montedison e la Esso ad
Augusta, l’Eni a Gela,
la Mediterranea a
Milazzo. In Sicilia
infatti il grande
capitale chimico trovò
favolose condizioni
favorevoli per la sua
espansione: anzitutto
una manodopera
dequalificata e
poverissima, che si
offriva a bassissimo
salario […]
poi i grandi golfi
marini con gli alti
fondali che consentivano
l’attracco delle
gigantesche petroliere,
ed ancora a prezzi
miserabili tutti gli
spazi e le aree
necessarie sulle quali
costruire (per giunta
con l’avallo ufficiale e
con il contributo di
denaro pubblico)
qualsiasi mostro
industriale senza dover
rendere conto a nessuno
ad alcuno dell’attentato
che sarebbe stato
perpetrato nei confronti
del territorio e della
popolazione […]
Così la Sicilia divenne
la prima potenza
industriale
petrolchimica nel
mediterraneo. Soltanto
15000 addetti su una
popolazione di cinque
milioni di abitanti…».
Giuseppe Fava.
A partire dagli anni
Settanta molti impianti
hanno cominciato a
chiudere. Oggi, in una
zona già devastata da
cinquant’anni di
industrializzazione
selvaggia a qualcuno
viene ancora in mente di
costruire un
inceneritore e un
rigassificatore, proprio
in mezzo ai depositi di
petrolio che perdono
scorie nei terreni
intorno.
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